L’Ospedale delle Bambole è una meta imperdibile se vi trovate a Napoli con i bambini. Ma anche senza. Perché la sua storia è talmente da Libro Cuore che alla fine fa bene a tutti, senza distinzioni di età. Una storia che sa di creatività, di genialità ma anche di generosità e di quei sentimenti di cui avremmo tutti un disperato bisogno in questo momento. Restiamo umani, come si dice spesso. Ecco, l’Ospedale delle Bambole di Napoli ci fa tornare umani, mettiamola in questi termini.
Per ripercorrere la storia di questo luogo unico si fa un salto indietro nel tempo, approdando alla fine dell’800 nel cuore di Napoli, via S. Biagio dei Librai, ancora oggi tappa obbligata per chi visita la città.
Luigi Grassi, scenografo dei teatri di corte e dei teatrini dei pupi, è abile a riparare qualsiasi cosa gli capiti tra le mani. Un giorno entra nel suo laboratorio una donna disperata: la bambola della figlia si è rotta e lei non ha soldi per comprarne un’altra. Luigi accetta col sorriso la sfida di riparare quello che non è solo un giocattolo ma un oggetto del cuore. E ovviamente ci riesce. La bambola è perfettamente guarita e la mamma non finisce più di ringraziarlo. La voce chiaramente si sparge e tutti portano a Luigi bambole da riparare.
Da un semplice gesto sincero e gratuito e da una grandissima creatività e inventiva nasce l’Ospedale delle Bambole di Napoli che ancora oggi rimane un luogo di rara bellezza. Bellezza intesa per bellezza anche di sentimenti.
Da allora l’Ospedale delle Bambole è meta di pellegrinaggio per tutti coloro che hanno una bambola o un peluche da riparare. Io mi sono pentita di non essermi informata prima e di non aver portato la mia Géraldine (il nome l’ho preso dalla scatola che la conteneva eh, non ero una bambina sofisticata a tal punto) a guarire. Dopo anni di onorata carriera, è bastato lasciarla alle mie figlie un mese per ritrovarmela senza braccia, senza gambe e con i capelli tinti di verde. E Géraldine per me non è una semplice bambola.
Così come Pecorù, la mia meravigliosa pecora di peluche che ha raccolto lacrime di decenni di vita. Mi è stata regalata quando sono stata operata di adenoidi a 4 anni. All’epoca i genitori non potevano restare in ospedale, quindi ho ricordi terribili di me da sola, con le lenzuola sporche di sangue, una camera piena di bambini felici di mangiare il gelato e io tristissima perché era la prima volta che mi allontanavo da mia madre. Pecorù – nata come Fiocco di Neve ma poi ribattezzata nel corso degli anni – per me ha significato tanto.
Far riparare Pecorù e Géraldine è una priorità. Perché ci sono oggetti che non sono solo tali, hanno quasi un’anima. Aggiustarli significa recuperare un pezzo di infanzia. Con annesso il fanciullino che c’è in noi.
Che quello, chi l’ammazza.
Visitare l’Ospedale delle Bambole di Napoli
Un’insegna con il simbolo della Crocerossa, come ogni ospedale che si rispetti. Il triage del Pronto Soccorso, la sala operatoria, il camice. Si entra in una vera e propria clinica.
Con tantissimi occhi di bambole di tutti i colori, ma anche braccia e gambe. I cosiddetti pezzi di ricambio che non vengono scelti a caso. Si fa attenzione alla sfumatura di colore della pelle per rendere la cura più efficace possibile e far ritornare la bambola in forma smagliante.
Si viene accolti dal primario, la dottoressa Tiziana Grassi, erede di questo luogo speciale, e dal direttore sanitario, la dottoressa Alessandra Colonna che probabilmente avrete il privilegio di osservare durante un intervento delicatissimo salva-ricordo.
L’ospedale è strutturato proprio come uno vero, con i diversi reparti, dall’oculistica all’ortopedia passando per la terapia intensiva. Si possono anche donare gli organi, se avete pezzi di bambole rotte potete regalarli e dare così nuova vita ad altri giocattoli, più o meno antichi. Si può riparare qualunque cosa, dagli occhi ai capelli, dagli arti al corpo. E ogni tipo di giocattolo, anche bambole antiche del ‘700.
Vedrete teste, gambe, braccia di bambole ovunque, ma non immaginatevi un’atmosfera tetra. Tutt’altro. Si tratta di pura poesia.
La visita all’ospedale delle bambole di Napoli è interattiva, nel senso che i bambini indossano camice e stetoscopio e possono partecipare alle prime cure, controllare i parametri vitali e fingersi medici o infermiere. Ai miei figli è piaciuto tantissimo, non solo alla piccola di casa che sarebbe rimasta lì per ore.
La parte museale prevede anche la visione di un filmato che racconta la storia dell’ospedale e di Luigi Grassi e i suoi discendenti che si sono fatti in quattro per riparare ricordi anche in periodi davvero duri per Napoli e per tutta l’Italia. Calcolate per la visita circa 45 minuti-1 ora.
Info utili per la visita
L’ospedale delle bambole di Napoli ha cambiato sede da qualche anno e si trova a Palazzo Marigliano in via San Biagio del Librai 39, in un cortile interno.
Gli orari di apertura sono dalle 10.30 alle 17.30 tutti i giorni tranne al sabato (chiusura ore 13.30). La domenica e il mercoledì l’ospedale resta chiuso, ma chiamate ugualmente per essere sicuri degli orari e dei giorni di apertura che possono variare.
Il mio consiglio è di prenotare la visita per essere sicuri di entrare. Trovate tutte le informazioni sul sito ufficiale.
I contatti sono: tel: 081-203067 – e-mail: ospedaledellebambole@gmail.com
Il costo per la visita è di 3 euro.
Riceverete una sorpresa a fine visita ma non voglio anticiparvi nulla per non rovinarvi la sorpresa.
Per le riparazioni chiaramente il prezzo varia in base alla diagnosi e agli interventi. Potete anche spedire le vostre bambole, mettendovi d’accordo con il personale sanitario. O altrimenti potete portarle con voi durante il viaggio, sempre prenotando la visita. Noi faremo così.
Del resto una scusa per tornare a Napoli ci vuole sempre, no?
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